Under construction
Under construction
Under construction
Quindici esercizi di salvataggio, 2009, carta velina / tissue paper, 160x280 cm. Ph: Davide Lovatti
Quindici esercizi di salvataggio, 2009, carta velina / tissue paper, 160x280 cm. Ph: Davide Lovatti
Quindici esercizi di salvataggio, 2009, carta velina / tissue paper, 160x280 cm. Ph: Davide Lovatti
Una volta mi è stato detto che mi sarei lasciato sbranare da un leone che si fosse trovato di fronte a me. Non l’avrei visto perchè sedotto dal procione acquattato nella sua ombra.
Tutta la mia attenzione è sempre andata verso quei residui nascosti. Una sineddoche protettiva in grado di guidarmi all’esplorazione del tutto, dato per piccole parti, meno abbaglianti e dallo statuto incerto.
Relazione (I), memoria (II) e ombra (III) sono i temi sui quali si concentra la mia ricerca, attraverso installazioni effimere, ceramica, suono, pigmenti, interventi pubblici.
Dal 2016 la mia pratica si è focalizzata principalmente sulla realizzazione di interventi di arte pubblica partecipata.
Immagino l’opera come un luogo che ci aiuti a rimanere aperti, come un ponte che ci aiuti a mantenere un dialogo con l’altro e con noi stessi. Gli interventi che progetto trovano origine in una dimensione intima che diventa pubblica e condivisa. Assorbono e si nutrono di ciò che i partecipanti hanno da dire e dare. Riflettono sul corpo e sulle sue posizioni, sulla necessità di rendere la fruizione una fruizione attiva e consapevole.
Spesso nei miei interventi mi sono interrogato sul ruolo e la forma del monumento oggi, ponendomi domande che continuano a muoversi e a informare la mia pratica artistica:
In che modo il monumento contemporaneo può rivitalizzare la memoria? Che tipo di monumento può connettersi alla comunità senza risultare estraneo, inconsapevole o retorico?
Come può il monumento diventare spazio di dialogo tra una memoria collettiva, intrinsecamente plurale in quanto costellazione di minoranze, e il vissuto del singolo individuo? Come può il monumento rendersi vulnerabile, inducendo all’apertura e alla connessione, attraverso un’attenta partecipazione fisica ed emotiva?
Once someone told me that I would have torn by a lion that was found in front of me. I would not have seen him because seduced by the raccoon cowering in his shadow.All my attention has always gone to those hidden residues. A protective synecdoche able to guide the exploration of all, since for small parts, less dazzling and bylaws uncertain.
Relationship (I), memory (II) and shadow (III) are the themes on which my research focuses, through ephemeral installations, ceramics, sound, pigments, public interventions.Since 2016 my practice has focused mainly on the creation of participatory public art interventions. I imagine the work as a place that helps us remain open, as a bridge that helps us maintain a dialogue with each other and with ourselves. The artistic interventions that I design find their origin in an intimate dimension that becomes public and shared. They absorb and feed on what the participants have to say and give. They reflect on the body and its positions, on the need to make use active and conscious.Often in my interventions I have questioned the role and form of the monument today, asking myself questions that continue to move and inform my artistic practice: How can the contemporary monument revitalize memory? What kind of monument can connect to the community without feeling alien, unaware, or rhetorical? How can the monument become a space for dialogue between a collective memory, intrinsically plural as a constellation of minorities, and the experience of the single individual? How can the monument make itself vulnerable, inducing openness and connection, through careful physical and emotional participation?